LE TRADIZIONI - XI^ Parte -
tratto da GIORNI VISSUTI COME SE FOSSERO ANNI di Liborio Guccione, giornalista e scrittore aliese, che ambienta tale sua opera nel paese natìo degli anni ’30 -’40.
Per la gentile concessione alla divulgazione telematica del libro, si ringraziano sia gli Eredi dell’Autore sia l’Amministrazione comunale di Alia, che nel 1997 ne ha curato la prima edizione.
Il tempo del raccolto
- il trasporto della paglia dall’ aia alle pagliere - " Ma con il trasporto del grano non si poteva dire completata l'opera del contadino: c'era da trasportare la paglia. Perché, assicurato il necessario all'uomo, bisognava assicurare il necessario per vivere anche alle bestie. Il trasporto della paglia veniva fatto coi muli, bardati con "i sidduna" sui quali venivano caricati i capaci "rutùna", come quelli che abbiamo visto allestire da Ninu "lucurdaru" nella sua bottega, sopra il parco.
I "rutuna" venivano riempiti fittamente di paglia in modo da impedire che essa, durante il viaggio, volasse via, strappata dal vento. Venivano poi scaricati e svuotati dentro le pagliere (oggi divenuti garagi, perché il posto delle bestie da soma è stato occupato dalle automobili). La paglia non assicurava alle bestie solo il vitto, ma serviva altresi per comporre il loro giaciglio nelle stalle. Il nutrimento delle bestie non era costituito soltanto dalla paglia, perché mangiavano anche l'orzo, l'avena e le fave, vere leccornie per esse; e in primavera si nutrivano anche di erba fresca, la "sulla" in ispecie.
Il trasporto della paglia dalla campagna al paese, era una fatica che si viveva con minore entusiasmo; salvo che per i ragazzi che, anzi, ci si divertivano, perché ad essi era affidato il compito di "pistarla" (calcarla) dentro le pagliere, affinché venisse "fuddata" ben bene, tanto da farne contenere quanta più possibile, sino al soffitto. I ragazzi si divertivano a danzare sulla paglia ancora tiepida, incuranti della polvere che, inevitabilmente, veniva assorbita dai loro corpi sudati e accaldati.
Era quella la festa dei ragazzi nel tempo della stagione del raccolto.
Inutile dire che quell'andirivieni di muli, prima carichi di grano, poi di paglia, favoriva la crescita di quel tappeto maleodorante, di cui ho già parlato, nelle strade del paese: un tappeto che diventava, come già detto, il comodo sito per maiali e galline.
L'annata agraria, ora si poteva dire conclusa; anche se per il contadino le fatiche non erano ancora finite: fra qualche mese le vie del paese si sarebbero ubriacate di mosto; e dopo la vendemmia la raccolta delle olive. La vita del contadino era una catena, una lunga catena che non si spezzava mai!
Il progresso ! ?
Ma di tutte le fatiche, la più importante per la vita del contadino, e di tutti, del resto, era quella del raccolto del grano: un rito sempre uguale e sempre nuovo e affascinante che nei secoli aveva occupato il posto più significativo. Ora, quel rito non è più un rito, ma un fatto meccanico: sui campi non si scorgono più i mietitori chini fra le spighe dorate, ma le macchine, sulle aie non ci. sono più muli che girano sopra i covoni, ma le trebbiatrici che masticano le spighe; e il contadino non grida più al cielo e al vento "pi la bedda matri di tutti li grazi".
Fra le trazzere e i campi di restucce non si incontrano più i frati di Gibilmanna; e le trazzere stesse sono diventate strade rotabili, dove sfrecciano automobili che lasciano nell' aria l'odore acre di benzina e di nafta.
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È la crescita del progresso! E sia! Ma l'uomo, l'uomo, dico, quando crescerà? ! "
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